Disturbo da uso di sostanze

Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) è un disturbo d’ansia caratterizzato generalmente dalla presenza di ossessioni e compulsioni, anche se in alcuni casi possono essere presenti ossessioni senza compulsioni e viceversa.

Le ossessioni sono pensieri, impulsi o immagini mentali che vengono percepite come sgradevoli o intrusive dalla persona. Il contenuto delle ossessioni può variare da persona a persona, alcuni temi ricorrenti riguardano impulsi aggressivi verso altre persone, il timore di essere contaminati o altri pensieri di natura sessuale o soprannaturale. L’elemento in comune delle ossessioni è che sono impulsi non voluti dalle persone, che producono emozioni di paura, disgusto o senso di colpa.

Questo disagio emotivo può essere tanto intenso che le persone si sentono costrette a mettere in atto una serie di comportamenti (rituali) o di azioni mentali per neutralizzare le ossessioni o eliminarle dalla mente. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (es: lavarsi le mani, ripetere più volte una stessa azione) o azioni mentali (es. contare, gregare, ripetere formule superstiziose) che pe

In psicologia, le dipendenze includono disturbi associati a difficoltà nel controllo dei desideri e del comportamento. Gli aspetti psicologici comuni di questi disturbi sono: (1) disagio psicologico nella gestione delle esperienze di desiderio intenso (craving), (2) difficoltà a evitare comportamenti dannosi.

L’oggetto del desiderio è qualcosa di gratificante (almeno nell’immediato). Gli oggetti e i comportamenti possono variare da persona a persona. Possiamo avere un problema con l’uso di sostanze (alcol, nicotina, cannabis, cocaina ecc…), problema di abbuffate e alimentazione incontrollata (cibo), problema con attività (es. gioco d’azzardo, videogiochi, comportamento sessuale, ecc…).

All’inizio prevale la percezione di avere controllo, nel tempo si trasforma in una necessità cui la persona non riesce a rinunciare. In questo modo la dipendenza psicologica si instaura gradualmente. Per esempio, inizialmente le persone possono bere un bicchiere di vino o giocare d’azzardo per gusto e piacere. Queste attività se nel breve termine sono piacevoli, nel medio termine generano disagio psicologico. L’alcol rende euforici ma il giorno dopo l’umore è più irritabile. Il gioco offre adrenalina ma poi genera problemi economici. Lentamente i problemi di salute, di disagio psicologico, economici, conflitti nelle relazioni causati dall’attività o dalla sostanza aumentano. A quel punto si può instaurare il circuito della dipendenza psicologica: la persona per fuggire dalle preoccupazioni si immerge nuovamente nell’attività che li ha generata (bevo per dimenticare i problemi che mi ha causato l’alcool, gioco per vincere i soldi che il gioco mi ha fatto perdere). Questo è il circuito in cui la persona può trovarsi intrappolata.

Da un punto di vista psicologico, la persona può (1) non essere consapevole dei danni che si sta procurando oppure (2) esserne consapevole ma non riuscire a controllarsi.

In generale, i problemi del desiderio e del controllo degli impulsi condividono alcune caratteristiche che sono indipendenti dall’oggetto o dall’attività: (1) forte desiderio verso l’uso di una sostanza o la pratica di un’attività (craving); (2) dalla percezione che questo desiderio sia incontrollabile; (3) dalla tendenza ad assumere la sostanza o praticare l’attività nonostante le conseguenze negative che produce, (4) uso dell’attività o della sostanza per staccare la mente da preoccupazioni o stati di disagio.

Le componenti psicologiche che sostengono questo circolo sono:

Pensiero desiderante: discutere con sé stessi circa le ragioni valide che permettono di concedersi l’attività o l’uso della sostanza. Questa attività arriva a convincere le persone che in quel momento (1) non vi è alternativa, (2) i danni o le ripercussioni sono minime, (3) è possibile riprendere il controllo in un altro momento, (4) si è in pieno diritto a uno svago o a una gratificazione.

Percezione di scarso controllo: rappresenta l’idea di possedere uno scarso controllo del proprio comportamento o che gli impulsi producono l’azione come se esistesse qualcosa dentro di noi più forte di noi.

Giustificazioni: spesso la dipendenza cresce nell’ombra. Le persone la nascondono sotto il tappeto: minimizzano i danni, negano di farne uso, sottolineano di averne pieno controllo, trovano giustificazioni. Queste strategie servono alla coscienza della persona per non entrare in contatto con il dolore psicologico che la realtà impone: vedere quanto sto facendo male a me stesso e agli altri e soprattutto difendersi dall’esperienza di colpa.

 

Depressione

La Depressione è un Disturbo dell’Umore. Generalmente chi ne soffre prova frequenti e intensi stati di insoddisfazione e tristezza e tende a non provare piacere nelle comuni attività quotidiane. Le persone che soffrono di depressione vivono in una condizione di costante malumore e con pensieri negativi e pessimisti circa sé stesso e il proprio futuro.

Spesso la depressione nasce dalla difficoltà di accettare una perdita o il non raggiungimento di un proprio scopo (che viene vissuto come un fallimento insuperabile). Si tratta per esempio di tutte le forme depressive che nascono da lutti personali piuttosto che dalla perdita del lavoro o dalla rottura di un’importante relazione affettiva. La sintomatologia tipicamente è più intensa al mattino e migliora nel corso della giornata, ma vi sono delle eccezioni. La depressione può manifestarsi con diversi livelli di gravità.

Si può soffrire di depressione in modo acuto (con fasi depressive molto intense ed improvvise) oppure soffrirne in modo cronico e continuo, anche se in forma leggera, con alcuni improvvisi momenti di peggioramento.

Le componenti psicologiche principali che caratterizzano e mantengono la depressione sono:

Ruminazione mentale (autoanalisi): la tendenza ad analizzare continuamente il proprio malessere (mancanza di energia, umore triste) e i propri problemi (perdite o fallimenti) cercando di capire cause e conseguenze (perchè mi è capitato? Perchè sto così male? Cosa ho fatto per meritarlo? Dove ho sbagliato?) con il risultato di prolungare lo stato depressivo (vedi le mie aree di ricerca sulla ruminazione)

Ritiro: indica la riduzione del contatto sociale, delle attività quotidiane o l’evitamento di compiti ed è motivato dall’idea di non essere capace o di non provare alcun piacere, che ha come risultato passività e ulteriore demotivazione.

Autocritica: la tendenza a valutarsi negativamente come incapace, sfortunato, indegno di amore, difettoso, a fronte di errori e mancanze che appartengono alla vita di tutti i giorni.

Negativismo: mantenere l’attenzione costantemente puntata su ciò che manca per essere felici o soddisfatti di sé stessi e della propria vita.

 

Disturbo di Ansia per la salute (Ipocondria)

In psicologia clinica, l’ipocondria è caratterizzata dall’interpretazione erronea di segni e sintomi fisici come segnale di una grave patologia, senza che un’accurata valutazione medica abbia identificato motivi sufficienti per giustificare questi timori. Chi soffre di ipocondria non ha convinzioni così esagerate da sfociare nel vero e proprio delirio, riconosce spesso che i propri timori sono esagerati e che potrebbe non avere alcuna malattia.

La prima caratteristica psicologica dell’ipocondriaco è la caccia alla malattia (preoccupazione). L’attenzione dell’ipocondriaco è focalizzata a scannerizzare le proprie sensazioni corporee o segni fisici e a produrre dubbi sulla loro origine con il risultato di trovarne. La preoccupazione riguardo la propria salute è costante, tendenzialmente catastrofica e difficile da regolare. La persona fatica a pensare ad altro o a non dare importanza ai propri dubbi di malattia.

La seconda caratteristica psicologica è la ricerca di rassicurazioni. La persona può consumare tempo in esami medici, verifiche e richieste di opinioni ad altre persone, ricerche su internet dei significati dei sintomi. Questa ricerca di rassicurazioni produce solo sollievo limitato nel tempo, fino al prossimo dubbio, ancora più grave che può emergere naturalmente nella mente della persona.

Disturbo di panico

L’Attacco di Panico è un periodo di paura o disagio intensi in assenza di vero pericolo e accompagnati da almeno 4 sintomi cognitivi o somatici tra i seguenti:

  • palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia
  • sudorazione
  • tremori fini o a grandi scosse
  • dispnea o sensazione di soffocamento
  • sensazione di asfissia
  • dolore o fastidio al petto
  • nausea o disturbi addominali
  • sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
  • derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi)
  • paura di perdere il controllo o di impazzire
  • paura di morire
  • parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
  • brividi o vampate di calore.

L’attacco di panico raggiunge rapidamente l’apice e si manifeste con breve durata, solitamente non superiore ai 10 minuti.

Gli attacchi di panico possono essere (1) inaspettati quando non è possibile associare l’attacco a un fattore specifico preciso, (2) sensibili alla situazione se sono associati a contesti specifici (es: la guida in autostrada).

Il ciclo del panico – paura della paura

Ogni sintomo emotivo è associato a circoli viziosi di mantenimento. Il circolo del panico si fonda sulla paura della paura, cioè il timore di tutti quei segnali fisici che corrispondono alla paura (es: affanno, tachicardia, brividi, pressione al petto ecc…).

La paura è un emozione che si attiva quando l’individuo percepisce una minaccia. La paura prepara il corpo a reagire a questa minaccia. Tutti i segnali fisici della paura hanno una funzione utile a questa reazione. Per esempio, la respirazione affannosa permette l’accesso a maggiori quantità di ossigeno per i muscoli.

Cosa succede quando uno dei segnali corporei della paura viene esso stesso interpretato come una minaccia (paura della paura)? Il corpo reagisce aumentando i segnali della paura. Si innesca in questo modo un vortice di apprensione e la paura si trasforma in panico.

Facciamo un esempio. La persona avverte un segnale fisico strano e improvviso (es: tachicardia). Non lo legge come un segnale di ansia fastidioso e innocuo ma si spaventa. Lo interpreta come segno di un possibile infarto o perdita di controllo. L’idea che possa perdere il controllo o che possa morire aumenta la paura. A questa paura di secondo livello corrisponde un aumento di questi segnali fisici (più tachicardia, affanno, sudorazione, confusione mentale ecc..). A quel punto l’individuo interpreta questi segnali corporei crescenti come conferma che la minaccia temuta (perdere il controllo o morire) sia reale e imminente.

Questo vortice che produce la brutta esperienza del panico viene naturalmente interrotto in breve tempo. Il corpo si autoregola e comprende da solo che non è utile rimanere a questo livello di paura troppo a lungo. Così dopo circa dieci minuti placa i segnali fisiologici e la persona inizia e tranquillizzarsi.

Il vortice del panico è favorito dal fatto che il cambiamento fisiologico iniziale (es: il primo attacco di tachicardia) è spesso improvviso e inspiegabile. La persona non riesce a leggere la causa di questo cambiamento corporeo e riempie l’incertezza con dubbi molto gravi e irrimediabili (solitamente perdita di controllo o morte) che aumentano la paura.

Conseguenze

Il panico, che è un’esperienza molto brutta ma innocua, può spaventare a tal punto da diventare oggetto di preoccupazione anticipatoria. Cioè la persona può iniziare a temere di avere nuovi attacchi di panico.

Il rischio è reagire evitando tutte le situazioni che possono attivare un  attacco di panico oppure affrontare le situazioni solo se accompagnati da qualcuno. Le persone gradualmente cercano di non trovarsi mai in una situazione che potrebbe generare ansia, il ché naturalmente è impossibile. In questo modo si innesca un problema di Agorafobia, intesa come la paura relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali può essere difficile (o imbarazzante) allontanarsi, o nei quali può non essere disponibile aiuto in caso di un improvviso attacco di panico. Una delle conseguenze pericolose dell’agorafobia è quello di ridurre l’autonomia e rinunciare ad attività quotidiane piacevoli o utili per la soddisfazione personale. Nelle situazioni più radicate la persona si sente sempre più vulnerabile e incapace di affrontare da sola anche le normali attività quotidiane.  Questo rende il panico e l’agorafobia piuttosto deleteri per il benessere individuale, quando non adeguatamente trattati.

Se non si innesca l’Agorafobia, la persona continua nelle sue attività quotidiane, non rinuncia, ma ogni esperienza è accompagnata dal pesante stress e dalla paura che un attacco di panico possa giungere. Lo sforzo per convivere con questa paura senza rinunciare alle proprie attività quotidiane nel lungo periodo può essere estenuante e molto faticoso tanto da bruciare gran parte delle energie della persona.

Disturbo ossessivo compulsivo

Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) è un disturbo d’ansia caratterizzato generalmente dalla presenza di ossessioni e compulsioni, anche se in alcuni casi possono essere presenti ossessioni senza compulsioni e viceversa.

Le ossessioni sono pensieri, impulsi o immagini mentali che vengono percepite come sgradevoli o intrusive dalla persona. Il contenuto delle ossessioni può variare da persona a persona, alcuni temi ricorrenti riguardano impulsi aggressivi verso altre persone, il timore di essere contaminati o altri pensieri di natura sessuale o soprannaturale. L’elemento in comune delle ossessioni è che sono impulsi non voluti dalle persone, che producono emozioni di paura, disgusto o senso di colpa.

Questo disagio emotivo può essere tanto intenso che le persone si sentono costrette a mettere in atto una serie di comportamenti (rituali) o di azioni mentali per neutralizzare le ossessioni o eliminarle dalla mente. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (es: lavarsi le mani, ripetere più volte una stessa azione) o azioni mentali (es. contare, gregare, ripetere formule superstiziose) che permettono alla persona di alleviare momentaneamente il disagio provocato dalle ossessioni. Attraverso le compulsioni la persona riesce a ridurre la sgradevole sensazione che qualcosa non va o che potrebbe accadere qualcosa di brutto.

Tuttavia le  compulsioni non eliminano le ossessioni, che possono aumentare o ripresentarsi nel tempo. Inoltre le compulsioni possono diventare molto debilitanti, impegnare molto tempo e costituire esse stesse un problema. La persona può sentirsi sciocca, anormale o trovarsi a consumare nelle compulsioni molte energie in compulsioni che vengono tolte da attività più piacevoli. Inoltre la persona con disturbo ossessivo-compulsivo può iniziare a evitare tutte le situazioni che possono essere associate all’emergere delle ossessioni e limitare notevolmente la propria vita sociale o lavorativa.

Il disturbo ossessivo-compulsivo è molto diffuso e ha una prevalenza che va dal 2% al 3% della popolazione senza distinzioni di genere ed età . Senza una terapia adeguata il disturbo tende a cronicizzarsi fino a debilitare le normali attività quotidiane. Le compulsioni diventano gradualmente una condanna necessaria per trovare un minimo di sollievo tra l’emergere di un’ossessione e l’altra.

Per comprendere al meglio il disturbo ossessivo compulsivo occorre distinguere tra ossessioni e preoccupazioni. I pensieri intrusivi sono esperienze comuni della maggior parte delle persone. A tutti capita di avere preoccupazioni che creano stress riguardo il lavoro, le relazioni affettive o le questioni economiche. Molto spesso anche pensieri assurdi o sproporzionati rispetto alla realtà fanno parte dell’esperienza comune, cioè capitano a tutti. Questi pensieri automatici indesiderati o preoccupazioni divengono ossessioni se si presentano con una assiduità oppure se sono percepiti non tanto come semplici fastidiosi pensieri ma come un dato di realtà (es. pensarlo equivale ad averlo fatto, se lo penso significa che lo voglio, se lo penso allora accadrà). La frequenza e la valutazione che le persone fanno di queste ossessioni possono aumentare notevolmente il disagio emotivo che le accompagna (in termini di paura, colpa o disgusto).

Esistono diverse varianti di disturbo ossessivo compulsivo:

  • Disturbo ossessivo-compulsivo da contaminazione: ossessioni riguardanti il timore di potersi sporcare o contaminare entrando in contatto con sostanze di vario tipo (es: escrementi, sporcizia), con persone (es: tossicodipendenti, anziani) o con simboli negativi (es: male, diavolo). La persona si sente costretta a evitare luoghi potenzialmente sporchi o a mettere in atto compulsioni di sterilizzazione o pulizia.
  • Disturbo ossessivo-compulsivo da controllo: ossessioni riguardanti il dubbio di avere o non aver commesso qualcosa che può aver danneggiato sé stesso o gli altri o che potrebbe farlo. Le compulsioni riguardano il costante e ripetuto controllo per evitare gravi incidenti o catastrofi e conseguentemente la propria responsabilità nel non aver agito per evitarlo (es: chiusura di porte, finestre o fornelli elettrici).
  • Disturbo ossessivo-compulsivo da superstizione: ossessioni circa i possibili esiti negativi di eventi simbolici (es: udire una certa parola, vedere un certo simbolo). La persona si sente costretta a compiere compulsioni secondo peculiari rituali (es: ripetere una frase per un certo numero di volte) al fine di scongiurare gli esiti negativi associati all’ossessione. La compulsione ha lo scopo di evitare che qualcosa di brutto possa capitare a sé stesso o alla propria famiglia in seguito all’ossessione.
  • Disturbo ossessivo-compulsivo da ordine e simmetria: ossessioni per tutto ciò che è disordinato o asimmetrico in quanto genera la sgradevole sensazione di non sentirsi a posto con sé stessi. Le compulsioni riguardano la messa in ordine di oggetti (es: biro, posizione dei quadri) per evitare questa spiacevole sensazione.
  • Disturbo ossessivo-compulsivo da accumulo e accaparramento: ossessione rispetto l’abbandono o il non raccoglimento di oggetti e la relativa compulsione ad accumulare qualunque oggetto anche se inservibile o insignificante
  • Disturbo ossessivo puro: ossessioni senza compulsioni. Le persone con questo disturbo sono spaventate da pensieri e immagini in cui si vedono compiere gesti sconvenienti o pericolosi (es: aggressioni, bestemmie, comportamenti sessuali ecc…). In questa condizione le compulsioni sono sostituite da una continua e ripetuta forma di rimuginio.

Disturbo di Ansia Sociale

La Fobia Sociale o Disturbo da Ansia Sociale è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla paura intensa di trovarsi in una situazione sociale, soprattutto non conosciuta, o di eseguire una qualsiasi prestazione da cui possa derivare un giudizio altrui.

Le persone che soffrono di questo disagio psicologico temono costantemente di dire o fare cose inadeguate o imbarazzanti oppure di mostrare agli altri i segni della propria agitazione. Il timore centrale è quello di essere giudicati ansiosi, deboli, impacciati, stupidi, sciocchi o inadeguati. Questo timore può essere tanto forte da produrre sensazioni di disagio molto intense (es: palpitazioni, tremori, sudorazione, malessere gastrointestinale, dissenteria, tensione muscolare, confusione) che possono provocare veri e propri attacchi di panico.

Le prestazioni che scatenano ansia sociale sono di varia natura (es: feste, cene, riunioni di lavoro, conoscere nuove persone, mangiare o usare il telefono davanti ad altri ecc…). Per questa ragione il Disturbo d’Ansia Sociale può essere specifico se avviene solo in alcuni contesti o generalizzato se avviene nella maggioranza delle situazioni sociali.

Al timore del giudizio fa da contraltare la ricerca e il bisogno di conferme e apprezzamenti come tutela del proprio valore personale o adeguatezza. Il valore personale (autostima) è spesso associato completamente (1) alla qualità delle prestazioni fino all’estremo perfezionismo (es: valgo  se dico sempre cose intelligenti), (2) all’apprezzamento e riconoscimento delle altre persone (es: valgo se gli altri mi giudicano in modo positivo), (3) alla sicurezza con cui viene svolta la prestazione (es: valgo se appaio sempre sicuro e non mostro mai ansia). Apparire inadeguato o essere giudicato inadeguato è quindi un esperienza carica di valore negativo, un’esperienza orribile che le persone cercano in qualsiasi modo di evitare.

Le strategie che vengono messe in atto possono generare circoli viziosi di mantenimento e sono di varia natura:

  • Rimuginio anticipatorio: continuare a pensare ripetutamente il futuro ipotetico verificarsi di scenari negativi al fine di poterli prevenire, con il risultato di aumentare la propria ansia e rischiare prestazioni effettivamente negative e/o impacciate.
  • Comportamenti di evitamento: allontanamento o rinuncia a tutte le situazioni sociali che potrebbero fare emergere inadeguatezze o ansia, con il risultato di rinunciare a opportunità di vivere le piccole vergogne e gradualmente imparare a superarle.
  • Prospettiva dell’osservatore: attenzione costante alla propria prestazione forzandosi di immaginare sé stessi attraverso gli occhi degli altri, con il risultato di affaticarsi mentalmente e distorcere l’immagine della nostra prestazione.
  • Monitoraggio del comportamento altrui: attenzione rivolta continuamente alle espressioni delle altre persone, alla ricerca di segnali di disapprovazione o giudizio negativo (es: sguardi, cenni del capo), con il risultato di incrementare i livelli di ansia.
  • Comportamenti protettivi: tentativi di sopprimere l’espressione della propria ansia che hanno come risultato paradossale il peggioramento dei sintomi ansiosi (es: tenere la giacca in luoghi caldi per non apparire sudato ma con il risultato di sudare ancora di più e sentirsi ancora più in imbarazzo).
  • Ruminazione su imbarazzi passati: le persone possono continuamente ripensare a episodi di imbarazzo avvenuti in passato rivivendoli con alti livelli di ansia, quasi come accadessero ogni giorno, con il risultato talvolta di ingigantirne l’entità, il danno o le conseguenze (es: tutti si ricorderanno ancora di me in quella sera e penseranno ancora a quanto sono stupido).

Disturbo d’ansia generalizzata

Il disturbo d’ansia generalizzato è un disturbo d’ansia caratterizzato da uno stato di preoccupazione costante per molte situazioni diverse che risulta eccessivo in intensità durata o frequenza rispetto alla probabilità o alle conseguenze degli eventi temuti.

Le preoccupazioni possono essere accompagnate da: irrequietezza, affaticamento, difficoltà di concentrazione e memoria, irritabilità, difficoltà nel sonno, tensione muscolare o altri disturbi somatici (es: nausea, diarrea, emicrania, sudorazione ecc…).

Il rimuginio è un elemento centrale del disturbo. Rimuginare significa pensare e ripensare continuamente alle cose negative che potrebbero capitare al fine di prevederle o prevenirle. Le persone con Disturbo d’Ansia Generalizzata faticano a controllare il proprio rimuginio. Quando iniziano a pensarci non riescono più a smettere, a concentrarsi su altri compiti o su aspetti piacevoli della vita quotidiana.

Un’altra caratteristica di questo disturbo sono le strategie di controllo del pensiero (es: tentativo di distrarsi e di non pensare) e la ricerca di rassicurazioni. Questi tentativi di controllo spesso sono controproducenti nel lungo termine e non modificano il modo in cui funziona e si mantiene il malessere emotivo del paziente con Disturbo d’Ansia Generalizzato.